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[reading time: 55 sec] Mario Draghi l’ha detto chiaro e tondo: l’Europa è rimasta indietro e se vuole tornare competitiva nel mercato globale, e non farsi schiacciare da Stati Uniti e Cina, deve reinventarsi completamente. L’ex presidente del Consiglio presenterà tra qualche settimana, su richiesta della presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen, un rapporto sul futuro della competitività europea. E in un discorso che ha tenuto il 16 aprile alla conferenza di due giorni tutta dedicata all’Europa sociale tenutosi a La Hulpe, in Belgio, Draghi ha delineato i tratti fondamentali che dovrebbe presentare nel rapporto. L’ex presidente della BCE ha individuato tre filoni fondamentali: un utilizzo molto più ficcante ed efficace delle economie di scala a livello europeo (per superare l’inefficienza della frammentazione del mercato in alcuni settori), la necessità di fornire e finanziare beni pubblici europei ​​in ambiti come il clima e la difesa e l’importanza di garantire il rifornimento di risorse indispensabili. «Questi tre filoni - ha spiegato Draghi - ci devono portare a riflettere su come organizzarci, su cosa vogliamo fare insieme e su cosa mantenere a livello nazionale. Dovremmo sviluppare un nuovo strumento strategico per il coordinamento delle politiche economiche, anche a costo di procedere con un sottoinsieme di Stati membri». Quando parla di sottoinsieme di Stati membri, Draghi si riferisce al cosiddetto “28° regime”. ossia un meccanismo che potrebbe facilitare il commercio e le attività economiche all’interno dell’UE, permettendo agli Stati membri di adottare regole alternative o più flessibili in specifici settori. L’idea di base è quella di aggiungere un “28° regime” alle attuali 27 giurisdizioni degli stati membri, offrendo un’opzione legale supplementare che le imprese possono scegliere volontariamente. Draghi ha citato il caso dell’unione dei mercati di capitale, un argomento fastidioso, sul tavolo europeo da anni perché bloccato da interessi nazionali contrastanti. Come dovrebbe cambiare l’UE?

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[Reading time: 30 secondi] Secondo alcuni funzionari iraniani, questa notte Israele avrebbe attaccato l’Iran, in risposta all’offensiva sferrata da Teheran tra il 13 e il 14 aprile. Israele avrebbe condotto l’attacco con piccoli droni, probabilmente lanciati dall’interno del Paese stesso, tutti neutralizzati. L’intenzione, infatti, non è sembrata quella di infliggere danni su larga scala e innescare una vera e propria escalation. I media di entrambi i Paesi sembrano minimizzare l’attacco, in quello che gli analisti hanno definito un tentativo di allentare la tensione. Per quasi una settimana, i leader mondiali hanno esortato Israele e Iran a evitare di scatenare un conflitto più ampio nella regione. «Le autorità israeliane si prendono in giro da sole!», ha scritto l’agenzia di stampa semi-ufficiale iraniana Tasnim su X. Messaggio che arriva in risposta al post, sempre su X, del ministro della Sicurezza nazionale israeliano Itamar Ben Gvir che ha definito l’attacco di Israele «debole». Quali saranno le prossime mosse dei due Paesi?